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Autore: Redazione di Latte Free

Il bianco latte svizzero? 80 milioni di litri l’anno scartati per la presenza di antibiotici

Tanto è quello che in terra elvetica viene scartato per la presenza di antibiotici, usati per curare le vacche ad alta produttività che si ammalano più facilmente. Il latte finisce nei reflui o è somministrato ai vitelli ma crea un maggiore rischio di superbatteri pericolosi per l’uomo.

80 milioni di litri all’anno scartati ogni anno. È il primato della Svizzera, ineguagliato in tutta Europa, per quanto riguarda il latte inutilizzabile perché contaminato da antibiotici.

La denuncia dei nostri colleghi di KTipp, il mensile dei consumatori svizzeri, è inquietante. Se non altro perché è uno degli indicatori dell’uso intensivo di farmaci negli allevamenti elvetici.

“Gli allevatori svizzeri sono campioni europei quando si tratta di usare antibiotici per curare la mastite”, scrivono da KTipp. E, regole alla mano, spiegano che alcuni di questi farmaci sono ammessi perfino negli allevamenti biologici in Svizzera.

Conti alla mano, una vacca svizzera riceve quasi ogni anno un trattamento della mammella con antibiotici. Lo confermano diversi esperti di bovini da latte e uno studio dell’istituto di ricerca agricola Agroscope. I dati dell’Agenzia europea per i medicinali veterinari ESVAC del 2020 mostrano chiaramente quello che è un record di cui in pochi si vantano oltralpe: gli allevatori di vacche da latte hanno iniettato tre volte più antibiotici per capo dei loro colleghi austriaci per prevenire la mastite. Rispetto alla Danimarca, addirittura 18 volte in più e persino 90 volte più dei norvegesi.

Uno dei motivi dell’uso intensivo è l’elevata produzione di latte di molte vacche da latte, afferma Patrizia Andina-Pfister della Società dei veterinari svizzeri alla rivista dei consumatori. È specialista nel campo dei medicinali veterinari. “Le vacche ad alta redditività – spiega –  sono generalmente più suscettibili alle infiammazioni rispetto agli altri capi”.

Che fine fa il latte scartato perché trovato con residui di antibiotici?

Gli allevatori lo somministrano ai vitelli o lo versano nel liquame. In entrambi i casi, il rischio è di favorire la formazione di germi resistenti. Laddove gli agricoltori usano molti antibiotici, tali germi sono più comuni. Superbatteri che non a caso sono stati trovati particolarmente numerosi nel letame, nel liquame e nelle stalle.

Va ricordato che i batteri resistenti preoccupano perché possono essere alla base di infezioni nell’uomo non curabili con molti antibiotici attuali.

Le alternative agli antibiotici? Ci sono

Se in Svizzera ci sono solo una trentina di aziende che hanno scelto di non utilizzare antibiotici nei propri allevamenti, in Danimarca e Norvegia la scelta di tornare a razze meno esposte a infezioni e utilizzare altri modi per garantirne la salute è più comune.

Anche in Italia si comincia a seguire questa strada. Il Salvagente di recente aveva raccontato la scelta di Carlo Maino, titolare dell’azienda agricola McElan, 700 bovine in stabulazione libera. Dopo anni di ricerca, l’azienda di Sandrigo, in provincia di Vicenza, ha messo in commercio il suo latte Uht Free, un latte certificato da Certiquality come antibiotic free.

A lui avevamo per l’appunto domandato come si regolasse in caso di mastite di uno dei suoi capi. Questa la risposta che ci aveva dato: “All’inizio somministravo ozono e olio di girasole, ma poi ho capito che questo non era sufficiente per ottenere risultati soddisfacenti. Per arrivare a questo obiettivo ho dovuto adottare molte più accortezze nella prevenzione, dalla disinfezione delle stalle alla mungitura, fino al parto. Un mix di buone pratiche che oggi mi consente di mettere sul mercato 10mila litri di latte al giorno antibiotic free”.

Latte senza tracce di antibiotici? L’azienda italiana che ha accettato la sfida

33mila morti l’anno in unione europea e 600mila casi registrati. I numeri dell’antibioticoresistenza, ossia della capacità dei batteri patogeni di superare indenni l’aggressione di medicinali creati dall’uomo per combatterli, sono difficili da ignorare. Gli ultimi sono quelli di un report congiunto dell’European centre for disease prevention and control (Ecdc) e dell’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms, un documento pubblicato il 26 gennaio scorso con i dati rilevati nel 2020.

Una minaccia globale contro la quale è difficile fare i conti, visto il largo impiego di antibiotici tanto nella salute umana che negli allevamenti e in tutt’e due i casi si tratta di un abuso spesso senza reali necessità o perché frutto di cure fai-da-te (in umana) o perché utilizzate in maniera preventiva per impedire che gli animali si ammalino come invece potrebbe accadere facilmente negli allevamenti intensivi. Un mare di farmaci che – come è oramai innegabile – finisce per selezionare generazioni di batteri in grado di non subirne le conseguenze e di conseguenza impossibili da combattere con le uniche armi che avremmo a disposizione.

Spesso poi gli antibiotici utilizzati in allevamento finiscono perfino nella nostra alimentazione come hanno dimostrato tanto i lavori del Salvagente sul latte vaccino che quello della Facoltà di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli che ne ha mostrato la presenza nel latte per la prima infanzia. In entrambi i casi sono state misurate dosi bassissime ma degne di sollevare dubbi sulla pericolosità tanto per le conseguenze sul microbiota che per l’eventuale azione di antibioticoresistenza che questa presenza potrebbe causare.

Un tema tutto da approfondire che si unisce all’emergenza conclamata a livello mondiale sui superbatteri che qualcuno ha deciso di affrontare alla radice, ossia in allevamento. È la strada scelta quattro anni fa da Carlo Maino, titolare dell’azienda agricola McElan, una lunga esperienza come allevatore di bovini da latte. 700 bovine in stabulazione libera al pascolo, l’allevatore si è messo in testa di rinunciare interamente all’uso di antibiotici nei suoi allevamenti, in tutte le fasi della vita degli animali. E a quanto pare ci è riuscito, visto che dopo la fase di studio ha messo in commercio il suo latte Uht Free, un latte certificato da Certiquality come antibiotic free.

Nonostante il nome, l’azienda è italianissima, è a Sandrigo, provincia di Vicenza. E deve il suo nome alla scelta di Maino di usare le iniziali della moglie e dei figli (rigorosamente in maiuscole quelli della moglie Monica e della figlia Eleonora per sottolineare l’importanza delle donne e non solo nella sua vita).

“Da quattro anni uso solo prodotti naturali per curare gli animali – spiega al Salvagente Maino – e questo fa sì che nei prodotti delle mie bestie non se ne trovino neppure tracce infinitesimali per la semplice ragione che non vengono utilizzati in tutto il ciclo di vita dell’animale”.

Maino, ma come si regola, tanto per fare un esempio, nel caso che una delle sue bovine si ammali magari di mastite?

All’inizio somministravo ozono e olio di girasole, ma poi ho capito che questo non era sufficiente per ottenere risultati soddisfacenti. Per arrivare a questo obiettivo ho dovuto adottare molte più accortezze nella prevenzione, dalla disinfezione delle stalle alla mungitura, fino al parto. Un mix di buone pratiche che oggi mi consente di mettere sul mercato 10mila litri di latte al giorno antibiotic free.

Un pioniere del benessere animale, insomma.

Guardi, io ho vietato di usare per i miei allevamenti il termine benessere animale che oramai è diventato uno slogan di marketing, quasi privo di significato. Preferisco parlare di salute animale.

Al di là delle definizioni, ha senso dal suo punto di vista imprenditoriale un tale sforzo? Il mercato è in grado di ricompensarlo?

I miei costi di produzione sono praticamente quelli che avevo prima di fare questa scelta e il mio latte Uht è venduto a 2 euro al litro (il parzialmente scremato) e 2,10 euro l’intero. In linea con i prezzi di mercato per i prodotti prima infanzia, che è esattamente il mio pubblico di riferimento.

Dove viene venduto il suo latte?

Al momento in tre piattaforme ecommerce, due esterne: agricook, agrinetwork e una nostra, lattefree.eu.

Perché non nei supermercati?

Perché la grande distribuzione organizzata si è mostrata interessata ma vorrebbe averlo a prezzi stracciati. Pagare questo latte 3 o 4 centesimi in più del costo del latte in cisterna – come mi avevano proposto – è francamente irricevibile. In più io ho chiesto ai supermercati di posizionarlo nel reparto destinato alla prima infanzia, dato che è quello il pubblico di riferimento, o al più nelle parafarmacie dei supermercati, non in quello dei latticini. Non escludo che in futuro si potrebbe vedere sugli scaffali dei supermercati, sempre che venga pagato il giusto e valorizzato per quel che merita.

Facciamo per una volta la parte del diavolo: perché escludere totalmente gli antibiotici dal ciclo di vita degli animali quando le leggi ci sono e garantiscono che quelli trattati con farmaci debbano essere esclusi dalla produzione per un periodo più che sufficiente ad assicurare la salubrità dell’alimento?

Una delle dimostrazioni del perché questo sia necessario l’ha resa evidente proprio il vostro test del 2020. Sono state le vostre analisi a far capire come, nonostante le norme attuali, se una sostanza viene utilizzata in allevamento si finisca per trovarla anche nell’alimento, per quanto in piccole quantità.

Touché… Quali sono i suoi prossimi passi Maino?

Continuare a lavorare anche sulla sostenibilità del mio prodotto. Sto cercando di trovare confezioni in Mater-B sia nel tappo che attualmente è in plastica che nella confezione in modo che sia tutto riciclabile, impresa ardua ma non impossibile. Qualcosa si sta muovendo anche in Tetra-pack.

Antibiotici, pesticidi e micotossine: lo studio shock sul latte artificiale

Il latte artificiale non è uguale a quello materno anche, e soprattutto, per la presenza di alcuni contaminanti come micotossine e farmaci. Un nuovo lavoro scientifico appena pubblicato sul Journal of Diary Science ne dà, qualora fosse necessario, ulteriore conferma.

Lo studio, che tra gli autori vede anche Alberto Ritieni, professore dell’Università Federico II di Napoli che nel 2020 ha condotto per il Salvagente le analisi su 18 formule, ha evidenziato in 54 latti (in polvere e liquidi) la presenza di 45 sostanze tra micotossine e principi attivi farmaceutici. Non solo, attraverso un’evoluzione del metodo scientifico già validato, l’Orbitrap – lo strumento che l’università usa per questo tipo di analisi – ha consentito di vedere – ma non di misurare – la presenza di ulteriori contaminanti (5 micotossine, 11 principi attivi farmacologici e 49 pesticidi).

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Antibiotici e farmaci nel latte italiano: le analisi choc del Salvagente

Antinfiammatori, cortisonici e antibiotici. È quanto ha trovato un test del Salvagente  in più della metà delle 21 confezioni di latte, fresco e Uht, comprate in supermercati e discount italiani i cui risultati sono stati pubblicati sul Salvagente. Tra i marchi analizzati ci sono Parmalat, Granarolo, Coop, Conad, Lidl, Esselunga e Carrefour.

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La prova bambino

Stiamo direzionando il nostro latte ai bambini, per assicurare loro un alimento che può davvero essere un sostegno importante nello sviluppo e nel mantenimento nel loro sistema immunitario nel tempo.

Per questo motivo lo definiamo: “il latte delle generazioni future”, perché vogliamo essere partecipi di un serio cambiamento nell’alimentazione, e quindi preparare un terreno fertile per un futuro migliore, che ha bisogno delle nostre decisioni di oggi per realizzarsi.

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Mc Elan, primo produttore di latte senza antibiotici

Giornale di Vicenza – Maria Elena Bonacini
Luglio 2021

«Senza antibiotici produciamo il latte per i leoni del futuro». Carlo Maino, titolare di Mc Elan di Sandrigo, racconta così l’avventura che a marzo l’ha portato – primo in Italia – ad ottenere la certificazione CertiQuality per il latte totalmente “antibiotic free”. Una scelta nata qualche anno fa, ma con origini ben più antiche, in un’azienda che attualmente conta 700 capi e una produzione giornaliera di circa 10 mila litri di latte, vale a dire 3,65 milioni di litri in un anno. «L’azienda agricola Maino produce latte dal 1951. Io – racconta Carlo Maino – ho sempre avuto la propensione a fare le cose in modo diverso e nel 2001 ho ottenuto la certificazione Iso9000 per la tracciabilità, dando vita a Sicurè, di Latterie Vicentine. Volevo creare prodotti con una marcia in più e l’idea di un latte antibiotic-free mi è venuta leggendo i problemi che il loro utilizzo crea, a partire dall’antibiotico-resistenza, che secondo alcuni studi – sottolinea l’allevatore – potrebbe diventare la prima causa di morte entro non molti anni».

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La collaborazione con Cerri Srl

Il successo di Latte Free sta anche nelle partnership che l’azienda Mc Elan ha voluto.

Non è stata infatti casuale l’intesa raggiunta con Cerri Srl, un’azienda piemontese che ho offerto fin da subito flessibilità e certezza di confezionamento sicuro e affidabile. Il nostro prodotto, il latte in genere, è molto sensibile e ha bisogno di tecnologie, impianti ma soprattutto esperienza per poter essere lavorato a regola d’arte e a normativa sanitaria.

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